Il dipinto raffigurante La figlia di Jorio fu realizzato da Francesco Paolo Michetti nel 1895 per partecipare alla prima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia (La Biennale di Venezia). L’opera ottenne ampio consenso, tanto da vincere il primo premio, detto “Premio Città di Venezia”, pari a 10.000 lire, per aver “reso un dramma umano con sincerità, con potenza naturalistica immensa” (I premiati all’Esposizione Internazionale di Venezia, in «Emporium», II, 1895, n. 9, p. 235). Il soggetto raffigurato è ispirato ad un episodio realmente accaduto a cui assistettero Michetti e Gabriele d’Annunzio: in una piazzetta di Tocco da Casauria all’improvviso irruppe una giovane donna avvenente, scarmigliata, inseguita e dileggiata da un gruppo di contadini eccitati dal sole, dal vino e dalla lussuria. La vicenda fu lo spunto per offrire in pittura una narrazione simbolica del “vero” e delle vicende umane. Il tema del dileggio degli uomini al passaggio di una donna, all’interno di una più generale riflessione sul rapporto tra i due sessi nella società contadina, fu particolarmente caro all’artista, che per circa vent’anni lo elaborò in differenti versioni e repliche, numerosi bozzetti e studi preparatori, anche con l’uso della fotografia.
Nel 1898 il dipinto venne acquistato, assieme ad un corpus di opere che si trovava nello studio dell’artista, dal mercante tedesco Ernst Seeger che lo donò alla Galleria Nazionale di Berlino. Nel 1932 venne nuovamente esposto alla Biennale di Venezia (XVIII edizione) dove fu notato dall’allora ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, Giacomo Acerbo, di origine abruzzese, che si impegnò a farlo tornare in Abruzzo, proponendone l’acquisto all’amministrazione della Provincia di Pescara. Nel settembre del 1932 venne concluso l’accordo di compravendita dell’opera per il prezzo di 169.000 lire. Nel dicembre dello stesso anno l’opera venne collocata in un salone del Palazzo del Governo (costruito su progetto dell’architetto Vincenzo Pilotti, subito dopo la creazione della nuova provincia nel 1927), luogo in cui ancora oggi si trova (sala della Giunta della Provincia di Pescara).
Le notevoli dimensioni dell’opera (altezza 280 cm x larghezza 550 cm, esclusa la cornice) e la particolare tecnica esecutiva richiedono periodici interventi di manutenzione e restauro. Prima dell’ultimo intervento, da poco concluso, l’opera ne ha subiti quattro:
• nel 1946, a cura del restauratore prof. Enrico Vivio della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie de L’Aquila;
• nel 1957, a cura dell’Istituto Centrale del Restauro (oggi Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro), condotto dal restauratore dott. Roberto Carità assieme ad altri tre colleghi;
• nel 1968, intervento di manutenzione straordinaria a cura dell’Istituto Centrale del Restauro, condotto dal restauratore Enzo Pagliani;
• nel 1986-87, a cura del restauratore Nikolas Vakalis con la direzione tecnica della Soprintendenza per i beni ambientali architettonici artistici e storici per l’Abruzzo.
L’attuale intervento di restauro ha previsto innanzitutto una campagna di indagini diagnostiche che hanno fornito importanti risultati per valutare lo stato di conservazione del dipinto, discriminare le zone originali della pellicola pittorica da quelle interessate, in passato, da interventi di restauro, ottenere informazioni sulla tecnica pittorica, caratterizzare i materiali utilizzati dall’artista e le eventuali forme di degrado presenti.
Le tecniche analitiche utilizzate sono state:
• Imaging multispettrale (riprese nel Visibile in luce diffusa e radente, Macrofotografia, Riflettografia Infrarossa, Infrarosso Falso Colore, Fluorescenza Ultravioletta, Ultravioletto Riflesso);
• Spettrofotometria FT/IR in Micro-HATR;
• Fluorescenza di raggi X (XRF);
• Sezione lucida trasversale & Microscopia Ottica;
• Pirolisi accoppiata con gas-cromatografia e spettrometria di massa (Py-GC/MS).
Importante è stata l’individuazione della tecnica esecutiva a tempera, conosciuta finora solo attraverso le fonti bibliografiche, caratterizzando la composizione esatta del legante che risulta costituito da sostanze proteiche e lipidiche tipicamente presenti nell’uovo, con l’aggiunta di additivi quali glicerina e gomma vegetale.
È stato inoltre possibile, grazie alle sezioni lucide trasversali osservate al microscopio ottico e alle macrofotografie, verificare l’uso di una preparazione di colore chiaro a base di gesso e colla per ottenere gli alti spessori di alcune campiture, sulla quale il pittore ha poi steso uno o più strati di colore, mentre in altre zone il colore è applicato in spessori più sottili o “a velatura” molto liquida direttamente sulla tela. In alcuni casi l’artista ha volutamente lasciato a vista il supporto tessile per ottenere gli effetti compositivi desiderati.
La riflettografia infrarossa ha permesso di vedere con maggiore chiarezza la firma dell’artista e la data, attualmente scarsamente leggibili all’osservazione con luce visibile. È stato inoltre possibile riscontrare l’assenza di un vero e proprio disegno preparatorio e l’uso invece di sporadiche linee di contorno a evidenziare alcuni particolari della raffigurazione.
Durante l’intervento di restauro del 1957, è stata eseguita una foderatura di rinforzo del supporto tessile originale e il vecchio telaio non più funzionale è stato sostituito con un nuovo telaio ad espansione. Inoltre, è stato realizzato un sistema di tensionamento variabile della tela sul telaio, ottenuto mediante tiranti, molle e cavetti in acciaio. Durante il nuovo intervento, dopo lo smontaggio dell’opera, è stato appurato che il sistema “tela originale-tela da rifodero” non presentava fenomeni di distacco, era presente solo una modesta deformazione nell’angolo inferiore sinistro e piccole lacerazioni della tela da rifodero lungo i bordi ripiegati sul retro. Anche il telaio e il sistema di tensionamento variabile sono risultati in buono stato di conservazione e ancora efficienti, pertanto è stato sufficiente eseguire la pulitura del verso dell’opera dai depositi superficiali, la correzione della deformazione angolare e la registrazione del tensionamento del supporto mediante azione controllata sui tenditori. Tutti gli elementi metallici sono stati revisionati e lubrificati per garantirne la funzionalità nel tempo.
La pulitura della superficie pittorica ha permesso, compatibilmente con il naturale invecchiamento irreversibile di alcuni materiali costitutivi, il recupero della corretta leggibilità dei valori formali e cromatici, in precedenza offuscati dall’ingrigimento superficiale dovuto ai depositi incoerenti e ai vecchi protettivi applicati nel corso dei precedenti restauri. Si è proceduto poi a consolidare gli strati pittorici in tutte le zone decoese o con sollevamenti, utilizzando un prodotto consolidante a base acrilica (butil-metacrilato) che garantisce la necessaria efficacia e durabilità dell’intervento nel tempo. La stuccatura delle cadute di colore e preparazione ha dovuto tenere conto della particolare tecnica esecutiva dell’opera, con particolare riguardo alle zone in cui l’artista ha lavorato con alti strati di materia. In questi punti la reintegrazione si è limitata al solo accompagnamento dei lembi delle lacune, con funzione di protezione e conferimento di stabilità, così da evitare una interpretazione arbitraria del ductus pittorico dell’autore nelle piccole parti ormai perdute. L’integrazione pittorica è stata condotta con colori all’acquerello e rifinitura a vernice, limitandosi all’accompagnamento tonale delle stuccature e delle abrasioni.
La cornice dell’opera è stata anch’essa restaurata eseguendo innanzitutto la pulitura dai depositi superficiali, dalle localizzate ridipinture a porporina presenti sulla doratura e dalle tracce di colore presenti lungo i bordi, riferibili a tinteggiature eseguite sulle adiacenti pareti della sala. Il legno è stato trattato con un prodotto biocida per prevenire il formarsi di attacchi biologici. Infine, le lacune della decorazione sono state stuccate e accordate cromaticamente all’originale mediante colori all’acquerello mentre le abrasioni sono state attenuate utilizzando un mordente e una finitura a cera.
Gli incastri angolari della cornice, piuttosto deboli in relazione alle dimensioni e al peso complessivi, sono stati rinforzati con applicazione di quattro piastre in legno così da garantire le future movimentazioni in sicurezza.