Patrimonio Demoetnoantropologico

Il patrimonio demoetnoantropologico comprende due tipologie di beni, strettamente connessi: i beni materiali e i beni immateriali, la cui tutela e valorizzazione richiedono un contatto costante con i territori e le comunità locali di riferimento. Al patrimonio demoetnoantropologico è dedicata l’Area V, attraverso la quale la Soprintendenza esercita le attività di tutela, valorizzazione, promozione, salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale e promuove eventi e iniziative volte alla protezione delle diversità culturali presenti sul territorio di competenza. Tali attività sono esercitate nel rispetto delle norme e dei principi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004 e smi), e nello spirito di importanti strumenti giuridici internazionali emanati dall’Unesco e dal Consiglio d’Europa, che riguardano direttamente i beni demoetnoantropologici, quali la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale  la Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, la cosiddetta Convenzione di Faro.

Questi strumenti mettono l’accento sull’importanza delle risorse culturali ereditate dal passato e trasmesse alle nuove generazioni, che costituiscono il patrimonio demoetnoantropologico: tradizioni orali, arti performative, pratiche sociali, rituali, eventi festivi, conoscenze e pratiche riguardanti la natura e l’universo, conoscenze e abilità per produrre l’artigianato tradizionale. Tali risorse vengono riconosciute dalle comunità come espressione dei loro valori, delle credenze, delle conoscenze e delle tradizioni, visti nella loro continua mutabilità. Comprendono pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, competenze, come pure strumenti, oggetti, manufatti e spazi culturali associati agli stessi, risorse materiali e immateriali che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, anche i soli individui riconoscono come componenti importanti del proprio patrimonio culturale, divenendo eredi e soggetti attivi nella trasmissione alle generazioni future di aspetti fondamentali della propria fluttuante identità. Questo patrimonio include anche l’ambiente circostante e il paesaggio, risultato dell’interazione continua tra le popolazioni e i propri luoghi di riferimento. Alla base vi è un’affermazione chiara dell’importanza della diversità culturale, come caratteristica fondamentale e patrimonio comune dell’umanità e l’apertura a una molteplicità di prodotti culturali che riportano alla prima definizione antropologica del concetto di cultura, data nel 1871 da E.B. Tylor:“La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”.

L’area V della Soprintendenza si occupa di tutelare e valorizzare questa particolare componente del patrimonio culturale, affiancando le comunità nella loro opera di salvaguardia del proprio patrimonio, costantemente ricreato e adattato al contesto, in un continuo rapporto con la contemporaneità. Si occupa anche delle nuove forme di gestione del patrimonio culturale demoetnoantropologico da parte delle “comunità patrimoniali”, previste dalla Convenzione di Faro e di tutto ciò che avviene nei territori proprio a partire da tale Convenzione.

Il territorio di riferimento, le province di Chieti e Pescara, compreso tra mare, entroterra e montagna, offre patrimoni variegati di inestimabile valore demoetnoantropologico. La cultura del mare è testimoniata, tra l’altro, dalle marinerie pescaresi e dalla presenza dei trabocchi, antiche macchine da pesca, risorse identitarie che testimoniano la civiltà legata alla pesca e all’ingegnosità dei traboccanti, la cui sapienza costruttiva, legata anche all’arte di assemblare materiali di recupero, spesso proveniente dal mare stesso, è stata tramandata per generazioni. A questo si accompagna l’antica civiltà della cultura contadina e della pastorizia, le cui testimonianze si ritrovano ovunque: nei tratturi, le antiche vie della transumanza, attività riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio immateriale dell’umanità, nell’architettura rurale, nell’abbigliamento, nella tradizione laniera, nella presenza di lanifici e di gualchiere, nelle tradizioni enogastronomiche, nella tradizione orale. A questo si aggiunge la cultura mineraria, che caratterizza soprattutto i territori dell’entroterra, ai piedi della Maiella, che ha lasciato tante tracce disseminate nei territori di riferimento. E ancora, le tecniche costruttive delle case di terra, l’artigianato artistico legato alla lavorazione di ceramica, maiolica, oro e argento, rame e ferro battuto, pietra, tessuti e lana, strumenti musicali, legno, pelletteria, cuoio, vimini, In ciascuno di questi campi, vi è l’eredità secolare di mani sapienti che hanno saputo adattare le proprie abilità alla presenza di risorse locali, in un continuum culturale che arriva fino ai nostri giorni, trasformato e sicuramente importante per le nuove generazioni. C’è poi l’universo festivo, con un ricco calendario che interessa ogni singola località e in ogni mese dell’anno e il patrimonio legato alla presenza di eremi e abbazie, importanti testimonianze della cultura spirituale monastica del territorio certamente importante dal punto di vista demoetnoantropologico.

 

Tante le risorse culturali del passato che hanno avuto un ruolo fondamentale per le comunità, spazi o attività non più in uso, legati soprattutto al patrimonio materiale, che oggi non hanno più una propria funzionalità, ma invece possono essere rigenerati proprio come testimonianze e frammenti di memoria e destinati a nuovo uso. Ci sono le attività commerciali storiche e i luoghi legati alla storia locale, come ad esempio la Linea Gustav, la principale linea difensiva tedesca sul fronte dell’Italia meridionale, che tanto ha segnato le popolazioni abruzzesi. Un patrimonio demoetnoantropologico importante, dunque, che è testimone anche dei cambiamenti e delle ibridazioni dovute a contatti e relazioni avvenute nel corso dei secoli tra le popolazioni, in un processo dinamico di incontri, scontri, trasmissioni e scambi. Il patrimonio culturale demoetnoantropologico è immerso nella contemporaneità che, inevitabilmente, muta ciò che è stato in passato e questo è un punto fondamentale da tenere presente, insieme al sentimento di appartenenza a una terra che ha costruito e ricostruito le molteplici identità degli attori di tale patrimonio. E, come ebbe a dire una volta Ennio Flaiano: “Mi domando anch’io che cosa ho conservato di abruzzese e debbo dire, ahimè, tutto; cioè l’orgoglio di esserlo che mi riviene in gola quando meno me l’aspetto”.

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