Nel 2018 la ex Soprintendenza ABAP dell’Abruzzo ha presentato al pubblico una scelta di reperti rinvenuti in contesti indagati in occasione di interventi di archeologia preventiva.
La mostra, dal titolo “Futuro anteriore. Archeologia preventiva, tutela e trasformazione del territorio”, introduceva il senso e le finalità dell’impegno degli archeologi, che lavorano nella consapevolezza che non si vive solo il proprio presente ma, operando immersi nel futuro anteriore, il tempo che prepara il domani, si ricercano le basi di un migliore avvenire possibile: la progettazione delle trasformazioni territoriali sarà possibile e migliore se sarà stata svolta un’accurata tutela del paesaggio e delle sue componenti.
I riferimenti normativi per l’archeologia preventiva (D. Lgs 42/2004 con art. 28 c.4, il D.Lgs 163/2006 poi sostituito dal D. Lgs. 50/2016, con i regolamenti di attuazione: DPR 207/2010, DM 154/2017) hanno fissato alcuni comportamenti attraverso i quali l’interesse pubblico si rivolge alla tutela del patrimonio culturale, e i committenti delle opere pubbliche devono prevedere insieme alla Soprintendenza, già nella fase degli studi di fattibilità, le ricerche e le eventuali indagini volte alla conoscenza e alla tutela delle preesistenze da individuare o individuate nell’area di intervento.
Prima della legislazione in merito all’archeologia preventiva, accadeva spesso che un cantiere nel corso dei lavori dovesse fermarsi per “inaspettate” scoperte archeologiche; accadeva però a volte che non si fermasse, con la conseguente distruzione di beni culturali, che sono di tutti.
Con l’introduzione di norme che regolano questa forma di tutela, sono stati previsti gli interventi archeologici preventivi, in modo che i committenti delle opere pubbliche possano programmare
le indagini prima che il cantiere vero e proprio inizi i lavori, in modo che in corso d’opera non ci siano “rischi” di ritardo o di maggiori spese.
I rinvenimenti archeologici smettono così di essere un rischio malaugurato e vengono riconosciuti per quello che sono: una risorsa culturale e sociale.
Pur dal carattere occasionale di tali interventi, la procedura dell’archeologia preventiva concorre ad una conoscenza estesa del nostro territorio, da approfondire certo in modo sistematico e programmato, perché la ricerca, la tutela, la divulgazione e la valorizzazione caratterizzano in modo inscindibile la missione del Ministero della Cultura e dei suoi organi periferici.
Le indagini archeologiche preventive inoltre accrescono l’eredità culturale pubblica, evitando, limitando o variando in sede di progettazione gli interventi che possano anche in parte cancellare la storia dei territori, e con la divulgazione dei risultati rendono possibile la partecipazione consapevole dei cittadini ai processi di trasformazione del paesaggio.
L’Italia archeologica è un ricchissimo insieme di conoscenze e monumenti, sia visibili che non ancora individuati. Nella mostra sono stati esposti alcuni reperti archeologici, provenienti da diversi contesti del territorio regionale: sottolineano il grande apporto di rispetto delle regole, di conoscenza, di tutela e spesso di valorizzazione che la procedura di archeologia preventiva ha messo in atto nel territorio regionale abruzzese.
Dal grande santuario italico-romano di Ocriticum a Cansano provengono i raffinati doni votivi per Ercole, Cerere e Venere; dalla necropoli di età romana di Pratovecchio di Celano i ricercati ornamenti femminili in oro, con pietre preziose e un amuleto aureo iscritto; dalla grande necropoli italica di Cardetola a Crecchio i numerosi oggetti del corredo funebre, soprattutto ceramiche; dalla necropoli di Villa Marchetti a S. Egidio alla Vibrata i corredi funerari di VI sec.a.C. composti da vasi e da oggetti di ornamento personale; dalla necropoli arcaica di Fonte Micune a Torrebruna grandi vasi e una coppia di dischi-corazza del tipo “Paglieta”.
Con l’archeologia preventiva risulta così evidente come sia sempre meglio prevenire, piuttosto che distruggere o solo recuperare i nostri beni culturali.
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