Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo

(1923-2016) e la sua eredità

Nella nostra regione, alla presenza costante dalla fine del 1800 di uomini di cultura che hanno condotto assidue ricerche sul territorio e svolto funzioni ispettive e di tutela, non ha fatto immediatamente riscontro l’istituzione di una Soprintendenza territoriale. I compiti della tutela erano suddivisi inizialmente tra le Soprintendenze di Roma e Ancona, cui facevano riferimento i principali studiosi locali: Vincenzo Zecca per la zona di Chieti, Giovanni Leopardi per quella di Penne e Loreto (erano anche dei collezionisti, le loro collezioni sono esposte rispettivamente nei musei di Chieti e Penne), e soprattutto Antonio De Nino, che svolse dal 1877 ai primi del ‘900 un’infaticabile attività di ricerca e documentazione nel territorio peligno. Proprio quest’ultimo è considerato uno dei padri dell’archeologia contemporanea: i suoi carteggi con Giuseppe Fiorelli e le relazioni per le Notizie degli Scavi di Antichità ci trasmettono l’immagine di una personalità minuziosa, competente e formata al più assoluto rigore scientifico, oltre che sinceramente appassionata al territorio e alla cultura abruzzese in tutti i suoi aspetti. Notevole è anche il contributo di don Antonio Colella, soprattutto in qualità di topografo dei principali centri del territorio peligno, in particolare Corfinio.

La nascita della Soprintendenza degli Abruzzi e del Molise, con sede a L’Aquila, avviene nel 1923; questa diverrà in seguito la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Artistici, mentre solo nel 1939 sarà istituita la Soprintendenza Archeologica, con sede a Chieti. Sicuramente su tale scelta influì un evento che si può considerare “periodizzante” negli studi sull’archeologia abruzzese: nel 1934, nel territorio del comune di Capestrano (AQ), un contadino rinvenne del tutto fortuitamente una statua di dimensioni colossali. L’immaginario collettivo fu subito catalizzato dal potere evocativo di tale manufatto, il cui linguaggio iconografico era differente da tutto ciò che fino ad allora era noto e recava un’iscrizione completamente indecifrabile (oggi invece chiaramente comprensibile). Era il famosissimo “Guerriero di Capestrano”, che attirò improvvisamente l’attenzione di tutto il mondo sull’Abruzzo. L’effetto propulsivo che tale avvenimento ebbe sulla tutela e sulla ricerca archeologica fu però smorzato dall’inizio del secondo conflitto mondiale.

Nel dopoguerra, Giovanni Annibaldi (ispettore dal 1931) e poi il soprintendente Valerio Cianfarani (1961-1977) si adoperarono incisivamente per la valorizzazione, la tutela e la ricerca: in particolare, Annibaldi creò praticamente dal nulla il Museo Archeologico di Chieti, facendo tornare in Abruzzo materiali e collezioni disperse negli altri musei italiani; Cianfarani lo potenziò e si dedicò a sua volta, insieme ai suo collaboratori (tra cui un giovanissimo Adriano La Regina) alle indagini sul terreno.

Nel 1959 si verificò un ulteriore evento degno di nota, stavolta nell’ambito di ricerche ufficiali: a Sulmona, in corrispondenza di quella che veniva chiamata “Villa di Ovidio”, venne individuata l’esistenza di un santuario dedicato al dio Ercole, che nei graffiti parietali compare con l’appellativo di Curino, di dimensioni imponenti e con una continuità di frequentazione di diversi secoli. L’importanza di tale monumento (che non ha nulla in meno dei grandi santuari ellenistici quali quello della Fortuna Primigenia di Praeneste o di Hercules Victor a Tivoli) fu tale da proiettare l’Abruzzo all’interno di un contesto nazionale.

Ercole Curino | Sulmona

Statua di “Ercole a riposo” | Sulmona, Santuario di Ercole Curino

Da allora, fino ad oggi, le ricerche della Soprintendenza Archeologica in Abruzzo hanno rivelato una realtà complessa e ricchissima: sono stati definiti in modo sempre più rigoroso e puntuale i fenomeni di genesi e le caratteristiche etniche e culturali dei popoli abruzzesi, soprattutto mediante le numerosissime ricerche e i rinvenimenti inerenti i contesti funerari; sono stati effettuati studi sulla distribuzione della popolazione nelle varie epoche, sulla formazione degli agglomerati urbani e sulle loro stratificazioni come sull’articolazione in distretti amministrativi composti di villaggi (pagi e vici), e anche sul costume e sul linguaggio. Sono stati inoltre identificati dei siti prima sconosciuti, come *Ocriticum nel comune di Cansano (AQ),e ne sono stati localizzati altri di cui non era nota l’esatta posizione, come Cluviae in corrispondenza di Piano Laroma tra Guardiagrele e Casoli (CH) o Interpromium presso S. Clemente a Casauria (PE). Lo studio ed il censimento dei siti costieri e del loro rapporto con la viabilità interna, d’altra parte, ha permesso di comprendere in maniera sostanziale l’entità e le modalità di insediamento, ma anche degli scambi terrestri e marittimi nel corso dei secoli, restituendo l’immagine di una regione pienamente inserita in un ampio circuito commerciale e culturale.
E’ da segnalare la stagione dell’archeologia – urbana ed extraurbana- degli anni ’90 del XX secolo e dell’inizio del XXI, che ha avuto caratteristiche di assoluta avanguardia e ha portato alla definizione dei processi storici nei differenti comprensori del territorio tra la preistoria e il pieno Medioevo; un lavoro consistente di ricerca sul campo e sulle fonti, condotto contestualmente all’azione di tutela dagli archeologi della Soprintendenza, i cui frutti possono essere individuati non solo nelle numerose pubblicazioni, negli eventi e nelle mostre dell’epoca (si può menzionare, a titolo di esempio, l’inserimento dell’Abruzzo nel grande ciclo di mostre Piceni, popolo d’Europa del 1999-2000), ma anche nella nascita o nel potenziamento dei musei del territorio, da quelli a carattere locale ai grandi musei nazionali di Villa Frigerj e della Civitella a Chieti, in cui l’immenso patrimonio storico dell’intera regione è reso accessibile tuttora a differenti fasce di utenza con percorsi e attività didattiche mirate. Tali luoghi di cultura sono sempre stati legati inscindibilmente alla Soprintendenza e alla sua attività sul territorio.

La recente trasformazione della Soprintendenza Archeologica in SABAP (2016) ha avuto come conseguenza una maggiore sinergia tra competenze differenti, anche nella lettura e nella valorizzazione del territorio abruzzese nella sua interezza e nei suoi molteplici aspetti storici, artistici, architettonici, paesaggistici, etnoantropologici. La legislazione sull’ archeologia preventiva, e in particolare il nuovo Codice degli Appalti del 2016, ha permesso un potenziamento della collaborazione con operatori ed enti pubblici, soprattutto nel contesto della realizzazione di grandi opere e infrastrutture, con importanti ripercussioni nella percezione della pratica archeologica come risorsa e non come impedimento; in questo senso rappresenta un segnale importante la mostra sull’archeologia preventiva Futuro Anteriore, realizzata nel 2018, che colloca l’archeologia abruzzese nel solco dell’indirizzo intrapreso dalla comunità internazionale dopo la Convenzione di Faro del 2005 (ratificata dall’Italia nel 2020) con l’introduzione del concetto di “eredità culturale” come responsabilità nei confronti delle future generazioni.
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